Licenziato OSS in RSA per verbale non presenziato: reintegrato

operatore socio-sanitario OSS reintegrato in RSA dopo licenziamento annullato

Un operatore socio-sanitario (OSS) impiegato presso una residenza sanitaria assistita (RSA) è stato licenziato per aver firmato un verbale relativo a una riunione a cui non aveva partecipato. Ma la Corte ha annullato il provvedimento, riconoscendo l’insussistenza dei fatti contestati, e ha confermato la reintegrazione del lavoratore. Respinta, invece, la richiesta di nullità del licenziamento per motivi discriminatori o estorsivi.


Il fatto: la firma su un verbale non assistito da presenza reale

Il lavoratore, con funzioni di operatore socio-sanitario (OSS) all’interno di una RSA, era stato destinatario di più sanzioni disciplinari, culminate in un licenziamento per giusta causa. L’addebito principale? L’aver sottoscritto un verbale riferito a una riunione del 15 marzo 2019 senza avervi preso parte.

Secondo la cooperativa datrice, tale comportamento – inserito in un quadro di contestazioni pregresse – costituiva una violazione grave degli obblighi di correttezza e lealtà contrattuale, sufficiente a giustificare l’espulsione dell’OSS.


Il contesto aziendale: una RSA segnata da oltre 40 contenziosi interni

La struttura datrice di lavoro è una residenza sanitaria assistita gestita da una cooperativa che, negli anni, ha avviato procedimenti disciplinari nei confronti di oltre 40 lavoratori. Questo dato, rilevato anche dai giudici, ha evidenziato un clima aziendale deteriorato, caratterizzato da un’elevata conflittualità tra direzione e dipendenti, inclusi diversi sindacalizzati.

Tuttavia, proprio l’ampiezza e diffusione del contenzioso ha escluso, per la Corte, l’ipotesi di una condotta discriminatoria o mirata solo contro il singolo lavoratore OSS. In altre parole, non vi erano prove di una ritorsione specifica, ma solo di una gestione complessivamente conflittuale e problematica.


La decisione della Corte: reintegrazione sì, ma niente nullità

Confermando quanto già deciso dal Tribunale, la Corte ha:

  • Annullato il licenziamento per insussistenza materiale dei fatti contestati, ritenendo illegittimo il recesso disciplinare;

  • Ridotto l’indennità risarcitoria a quattro mensilità, poiché il lavoratore era già stato reintegrato in via cautelare pochi mesi dopo il licenziamento;

  • Rigettato la richiesta di nullità del licenziamento per motivi discriminatori o per presunta estorsione, ritenendo assente la prova di un intento mirato e illecito da parte del datore di lavoro.


Le implicazioni: attenzione alla gestione del personale nelle strutture sanitarie

Il caso evidenzia quanto, in contesti delicati come quelli di una RSA, la gestione del personale debba essere improntata a precisione, dialogo e proporzionalità. L’adozione di sanzioni disciplinari, specie se reiterate e in ambienti fortemente sindacalizzati, richiede rigore probatorio e attenzione al contesto per evitare il rischio di soccombenza giudiziaria.


Conclusione: il confine tra legittimità e abuso nei procedimenti disciplinari

Un provvedimento disciplinare, per essere legittimo, deve poggiare su fatti concreti e provati. In ambienti lavorativi sensibili, come le strutture sanitarie e assistenziali, ogni provvedimento deve essere proporzionato e documentato, tenendo conto anche del clima aziendale.

Lo Studio Legale Fratini D’Amico offre assistenza sia a strutture sanitarie nella corretta gestione dei procedimenti disciplinari, sia ai lavoratori del comparto sanitario che subiscono sanzioni o licenziamenti ritenuti ingiusti.


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